Nitrati, solventi clorurati, idrocarburi, benzene, toluene, cromo esavalente, trielina, tetracloroetilene. C’è di tutto nelle falde acquifere di Monza e Brianza. «Il quadro complessivo è preoccupante», sintetizza lo stesso dipartimento provinciale di Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, analizzando gli ultimi dati a disposizione. Anche se spiega: «Però non c’è ancora nulla di allarmante».
L’acqua arriva potabile nei rubinetti, ma l’uso del suolo da parte dell’uomo ha ripercussioni sia un superficie, sia in profondità. Ecco cosa succede. In tutta la Provincia ci sono 922 pozzi attivi, 372 dei quali a servizio degli acquedotti pubblici. Quasi uno ogni duemila abitanti. Stando ai parametri stabiliti dalla direttiva europea numero 118 del 2006, le maggiori criticità si rilevano nella falda più superficiale (di solito compresa nella fascia dai 20 ai cinquanta metri), più esposta ai rischi d’inquinamento.
Questo perché la qualità delle acque sotterranee è condizionata dalle differente modalità di utilizzo del suolo, dato che i terreni della Brianza sono particolarmente permeabili. Fatto, questo, positivo perché permette alla falda di ricaricarsi velocemente, ma negativo perché ha compromesso nel tempo la qualità delle acque della prima falda. Insomma, il terreno è molto permeabile: se in superficie si inquina, le sostanze pericolose arrivano velocemente fino alla falda.
«L’acqua diventa comunque potabile – spiegano da Arpa -, non c’è nulla di compromesso sia perché parte dei pozzi utilizzano le falde più profonde (di solito la profondità varia dagli 80 ai 120 metri, dipende dalle caratteristiche del terreno) e meno inquinate da sostanze di origine antropica, sia perché le tecnologie di trattamento permettono di raggiungere gli obiettivi di potabilità delle acque». Obiettivi che si trovano sintetizzati nel piano di tutela delle acque, promosso da Regione Lombardia. Lo standard da raggiungere, a detta degli stessi esperti, è «molto elevato».
Quindi ci vorrà del tempo. Comunque, quella che esce dal rubinetto è acqua sicura, certificata e sotto costante controllo. le sostanze pericolose A Bernareggio, Aicurzio, Sulbiate, Vimercate, Burago Molgora, Mezzago, Bellusco, Ornago e Cavenago le acque sotterranee sono ricche di nitrati. Un inquinamento dovuto soprattutto alla vocazione agricola del terreno sovrastante.
I nitrati sono presenti anche nella nell’area lungo la Valassina, al confine tra i Comuni di Desio, Seregno e Lissone. Più complesso il quadro relativo ai solventi. Trielina e cloroformio, per esempio, sono presenti a Monza, Arcore, Concorezzo, Barlassina, Lissone, Muggiò e Seregno. Anche in questo caso, a essere compromessa, è la falda superficiale. Altri inquinanti di origine industriale, rilevati sempre nella falda superficiale, sono gli idrocarburi aromatici e il cromo esavalente, una sostanza cancerogena.
I rilievi Arpa li hanno trovati in zone dove ci sono o ci sono state nel passato industrie chimiche, petrolchimiche, farmaceutiche, attività di trattamento dei metalli o tessili o nelle vicinanze di distributori di carburante lungo la rete stradale. industrie dismesse Arpa è anche in prima fila per il controllo delle aree industriali dismesse o degradate, sottoposte cioè a misure di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale per l’impatto che hanno avuto, e hanno ancora, sulle acque sotterranee. Tra queste l’ex Acna di Ceriano Laghetto, la Lombarda petroli di Villasanta, l’ex Snia di Varedo e Cesano Maderno, l’ex Antibioticos di Correzzana e l’ex Cpi di Brugherio.